7000 giri al minuto

Delle corse di Ken Miles e Carroll Shelby, che ho visto nel film, posso assolutamente dire di comprendere perché certe persone desiderino la velocità. Ma non amo particolarmente i motori, non amo le sfide, le tifoserie, non più. Eppure, quando guardai il documentario “Ferrari 312B”, nel quale un team di ingegneri aveva “riesumato” una Ferrari 312B degli anni sessanta per rimetterla in moto, sentire il suono di quel motore mi ha fatto rizzare i peli sulla schiena, vibrare come se quella scatola di metallo fosse un cuore battente. Dev’essere perché sono cresciuto con la leggenda del Cavallino, la quale attinge della passione dei suoi ingegneri, costruttori, tecnici per affondare così profondamente nel cuore della gente. Ma solo quando ho cavalcato Rey, un paint dell’allevamento di R., mi sono completamente reso conto di cosa voglia dire innamorasi della velocità.

Uscito dalla sala una macchina è sfrecciata a fianco del marciapiede annunciando il suo arrivo con gli sgasi della valvola pop-off e bruschi colpi di tosse alla Peppone Bottazzi. I giri diminuivano, il ritmo stava cambiando.

A. era strano, diceva L. la mattina seguente. Non l’aveva mai visto così. Era tutto un giorno strano, il mio ultimo giorno al forno. In effetti era vero, A. prendeva una baguette cruda dal carrello e se la portava davanti al pacco, si muoveva come se avesse due lunghi testicoli penzolanti. A volte non parlava bene inglese ma rendeva il nostro stato d’animo in modo impeccabile.

Negli ultimi tempi veniva molto spesso al mio banco per parlare, durante i momenti in cui i suoi forni erano pieni. Avrei detto che potesse essere un segnale, un presagio, ma lui è convinto che sia stato tutto molto improvviso, che i suoi sei anni di matrimonio siano stati anni felici. Per questo, mentre tornavamo a casa a piedi nel traffico di King Edward Street, mi ha decisamente stupito sapere il motivo della sua assenza il giorno precedente.

Ci siamo fatti una birra insieme e provavamo a mettere in ordine le parole. Sebbene non fossimo sempre capaci di parlarci in perfetto inglese, dentro di sé aveva una chiarezza cristallina e una sola, precisa domanda da farle: Dove sono finiti questi sei anni? E forse qualche psicologo esperto avrebbe saputo dire qualcosa in quel momento, ma io no. Sapevo però che era importante che fossi lì e ci tenevo ad esserci.

L. si è commossa quando ci siamo salutati, non me lo aspettavo. Sono sempre andato al lavoro senza mostrare particolare estroversione: il mio migliore amico era il vecchio Macadams, il forno a platea che oltre al pane ha cotto anche la mia schiena, ma abbiamo finto per volerci tutti bene, in qualche modo.

La mia pelle ha virato in positivo già da quell’ultimo giorno. Il pensiero che lunedì sarei potuto rimanere a letto non smetteva di condizionare il mio umore e il mio organismo in positivo: meno voglia di mangiare cagate, meno voglia di dolci, meno prurito. E nella casa in cui sono ora, con una camera che provvisoriamente ho trovato graze al primo contatto che ho conosciuto al mio arrivo in città, l’aria è fredda ed io la adoro.

Si tratta di una casa strana, dove le stanze del piano di sopra sono adibite ad airbnb, così ogni giorno è possibile scorgere facce nuove. La mia camera si trova nel garage, nel seminterrato, quindi le uniche novità sul mio piano riguardano la mole di peluria che il mio dirimpettaio iraniano M. sgancia nel box doccia che condividiamo. La prima volta ci ho messo un po’ a far scivolare via tutti i peli con l’acqua, pensando che magari non pulisca mai quando si fa la doccia. Ma il giorno seguente il box era tale e quale a come l’avevo trovato e allora ho detto “Whooo! Ma quanti ca**o di peli sgancia questo!?” e tuttora non me ne capacito.

La nuova settimana è iniziata con una grossa bici elettrica sgocciolante in soggiorno, lì, appena su dalle scale mentre andavo a prendermi qualche frutto nel frigo. Era retta da un signore pelato con conversava amabilmente con S. in un miscuglio di accenti africani e mediorientali. Sono uscito nella pioggia grigia e la nebbia si mangiava i ponti, le rive del Fraser, le case e le colline. Una certa foschia si è mangiata anche le intenzioni di T., che gestisce una bakery in Commercial Drive, e non mi ha assunto. La mole di lavoro che una sponsorship richiede la intimidiva, ma non la biasimo affatto.

Ho preso a camminare, ho camminato tantissimo. I vagoni della Canadian Pacific Railway sfilavano via nei più lunghi convogli che abbia mai visto e, a volte, sembrava che il fischio de treno sui binari fosse l’unico rumore udibile, l’unico possibile. Un suono capace di azzerare tutti gli altri e insieme anche i pensieri. Poi istantaneamente la chitarra di un elegante suonatore sulla cinquantina, impegnato a scegliere gli accordi lungo il passaggio della stazione di Commercial-Broadway tac!, è andata a infilare le sue note nella massa di sensazioni che custodisco dentro di me come la palla dei ritagli degli impasti: subito li metti da parte ma non li butti, poi li unisci a nuove composizioni. Questo succede un po’ anche con le emozioni, che danno alle esperienze sapori e profumi sempre nuovi anche quando finisco per ricadere nelle mie abitudini, nei miei pattern.

Ha un sapore nuovo ritrovarmi a una fermata dell’autobus con i brividi che si intrufolano nel collo e nelle maniche, perché ero nelle colline, nelle montagne e con gli animali quando apprezzavo il freddo, che mi faceva sentire così vivo; ma qui, nella città, sigillato tra compartimenti di cemento, ho sentito la stessa cosa, anche se in forma più ridotta. Dopo tutto il tempo che ci ho passato, le strade e i pali e le luci hanno un sapore nuovo.

Pubblicato da lucafraz

Sono nato atopico e ho passato molto del mio tempo grattandomi braccia e gambe, perlopiù; quindi sono "diventato" atopico: ho smesso di abitare un luogo determinato.

4 pensieri riguardo “7000 giri al minuto

  1. ciao, grazie per l’iscrizione. Ricambio.
    Anche io amante del Cavallino, ma solo nella F1 e sino a che la F1 era diritto di tutti seguirla sulla Rai. Ora mi sono persa.
    Un po’ mi sono persa anche nel resto del tuo post. Forse stai raccontando episodi di un tuo soggiorno.
    Marirò

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