Report dall’epidermide 2

Della pace con la dermatite.

Italia, Febbraio 2022. A distanza di due anni dal precedente report, riassumo le conclusioni sull’osservazione di me stesso e della mia dermatite sino ad ora.

Sono passati 9 mesi dal mio definitivo rientro in Italia e quasi quattro anni dalla partenza. Sebbene non abbia più effetuato lunghi spostamenti, la mappa sulla mia pelle continua a cambiare. E’ questa infatti che mi tiene in perenne movimento, in perenne ascolto. In qualche modo ho dovuto imparare a utilizzare un compasso interpretativo per connettere certi punti comuni di ambiti molto diversi: cibo, tempo, livello energetico, entusiasmo, luogo, relazioni, desideri.

Con questo secondo report copro un periodo molto lungo, che va da Aprile 2020 ad oggi, per provare a dare una forma e un senso a questa mappa. Pensavo di essere riuscito, fino ai giorni di Panama, a fare definitivamente la pace con la dermatite, di essere riuscito cioè a farmela alleata anziché nemica. Eppure, qualche settimana dopo – circa un mese – spostatomi in Costa Rica eccola ricomparire con disarmante prepotenza. Era un fatto il miglioramento che avevo avuto lasciando la barca di Linton Bay, dove non mi ero trovato affatto bene con la capitana. Lei aveva avuto problemi familiari e l’aria era diventata molto pesante gli ultimi giorni. Volevo ritrovare un po’ di serenità e riposo negli ostelli di Panama City. Per cui il piano progrediva secondo la direzione del mio entusiasmo e tornavo a trovarmi dove volevo essere. Continuavo a programmare progetti futuri mentre i lockdown interessavano le sole Europa e Asia. Mangiavo tutto sommato bene anche se la necessità di risparmiare mi costringeva a raccogliere l’invenduto dai negozi di frutta e verdura. Il clima era sempre molto caldo e umido e per tutto il giorno ero ricoperto da una patina di sudore.

Le cose sono cambiate quando il Covid-19 è diventato una realtà globale. Tutti i paesi hanno ordinato lo stato di emergenza e nessun volo era più disponibile. La mia prospettiva di risalire il continente attraversando gli USA naufragava e ho dovuto prolungare la permanenza in Costa Rica per un altro mese.

Oltre alla sensazione di reclusione che, come tanti in quel periodo, provavo per la prima volta, per la prima volta mi sono anche sentito veramente estraneo al mio paese, in esilio, impossibilitato a tornare. E’ stato lì che, da girovago quale ero, ho iniziato a desiderare di tornare alla mia casa. E più mi sentivo a disagio dove mi trovavo e più il mio corpo iniziava a coprirsi di fastidio. Il sudore non aiutava. Il caldo e i rumori notturni con case di legno e lamiera, senza parlare delle zanzare e degli scarafaggi che mi ritrovavo nel letto, mi rendevano difficile riposare e recuperare la stanchezza. Dopo diversi giorni diventavo più stanco ma non vi facevo più caso.

All’11 Maggio, giorno della mia parenza per l’Italia con un volo speciale organizzato dall’Ambasciata Italiana, avevo le braccia, le ginocchia, le pieghe delle ginocchia, la pancia e le palpebre completamente lichenizzate e ricoperte di croste. Ci sono voluti tutti i quattordici giorni di quarantena per recuperare le forze e almeno due mesi per tornare ad avere una pelle normale.

Nelle settimane successive ho cambiato due lavori e mi sono trasferito in Francia per la stagione invernale fino ad Aprile 2021. Tornato in patria ho cambiato altri due lavori fino a quello attuale. Ognuno di questi è stato in ambito panificazione/pizzeria, portandomi ad aumentare il consumo di carboidrati e ingrassando di sette chili. Nell’ultimo anno pertanto la dermatite si è sempre acutizzata nei periodi di affaticamento (lavoro notturno, poche ore di riposo), di aumento dello stato infiammatorio generale del mio corpo, di forte stress psico-fisico. Mentre ho avuto miglioramento nei periodi di cambio lavoro e di regime alimentare corretto (stilato da una nutrizionista).

Concludendo, posso dire di non aver visto significativi cambiamenti sulla mia pelle semplicemente evitando certi cibi o usando certe creme; non mi ha svoltato la situazione la psicoterapia o la sola meditazione, né la riduzione del carico di lavoro o la frequenza delle serate passate con gli amici. Eppure c’è un fattore che racchiude tutti i precedenti, che influisce e viene a sua volta influenzato da questi fattori e che funziona nel mio caso. Significa che potrebbe non essere così per un’altra persona, ma allo stesso modo è necessario, da parte di chiunque, un lavoro reale di consapevole volontà per comprendere l’esistenza di questo fattore sulla propria vita. Sto parlando della cattività.

L’espressione “cattività” non deve essere equivocata. Si devono invece comprendere quali sono tutte le microarterie che compongono il sistema di questa condizione: mancanza di spazio (fisico, in una relazione, in un lavoro), troppi pensieri (mancanza di spensieratezza), impossibilità di realizzazione personale, voglia di essere altrove, impossibilità di cambiare la propria situazione. Ho avuto ricadute in momenti nei quali le suddette concause (cibo di bassa qualità, fatica, mancanza di riposo, conflitto con le persone, ecc…) mi hanno condotto a non sopportare più di stare in una determinata situazione. Ma soprattutto in momenti nei quali, dentro di me, avevo deciso di voler cambiare aria e non potevo.

Mi sarebbe stato impossibile comprendere questa realtà di me stesso se non avessi deciso di partire e utilizzare quel tempo per monitorare il mio corpo in differenti situazioni. Il mio corpo lancia messaggi e la dermatite è uno di questi. Arrivare a credere ciò ha voluto dire per me fare la pace con la dermatite. Che ho ancora. Ma che esce sempre, fatalità, in quei periodi in cui sono bloccato in una situazione (su una barca senza potermene andare, in lockdown in una paese del Centro America, in una cascina dell’altra Francia lavorando dodici ore al giorno, senza poter cambiare lavoro, senza poter cambiare luogo, volendo essere da un’altra parte) e per bene che io possa mangiare, per creme che possa usare, la dermatite resta finché IO RESTO. Finché io rimango in quella determinata situazione. Ma soprattutto finché subisco la condizione in cui mi trovo.

Lungi da me, arrivati a questo punto, professare tutto questo come una verità assoluta. L’obiettivo è quello di proporre a chi voglia approfondire l’ascolto di se stessi e provare a cambiare qualcosa della propria vita e magari condividerlo. E’ una proposta di confronto, di gioco quasi, che mi entusiasma molto e che sarei estremamente curioso di conoscere. Chiunque abbia voglia di “testarsi” per favore mi scriva, avrò sempre voglia di ascoltare.

Pubblicato da lucafraz

Sono nato atopico e ho passato molto del mio tempo grattandomi braccia e gambe, perlopiù; quindi sono "diventato" atopico: ho smesso di abitare un luogo determinato.

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