Ora si tratta di guidare al mattino, prima del sole, a strade libere. Il clima è diverso in quel momento. Una parte di giornata a sé, nascosta dal resto del tempo che tutti conosciamo. I territori del tempo.
Ora si tratta di entrare in laboratorio e caricare sulle spalle materia a venticinque chili alla volta; unirla, riunirla agli elementi e dirigere una trasformazione. Che cosa c’è, in questo, di diverso che in una poesia? Nient’altro che un incantesimo, cuore ricco di petali, l’esatta sequenza, la personalissima combinazione di stringhe che sanno annodare lo stomaco e ne strizzano fuori una o due lacrime. Un dessert al sapor di magone.
Se potessi non lavorare lo farei, ma farei qualcosa sempre e comunque. In tutta onestà riconosco che lavorerei sempre, ma eviterei l’obbligo, la regola. Il fascino sta tutto nella collateralità dell’impiego, in quel piccolo frangente in cui l’impasto arriva a compimento, nella guida nei primi minuti dell’alba.