Su come sia arrivato ad abitare in questa piccola stanza di Coquitlam, luogo in cui mi trovo in questo momento, vale la pena preparare una narrazione. Mettersi al lavoro seduti sulla sedia, con la braccia appoggiate a un tavolino traballante, sfogliando le pagine scritte giorno dopo giorno nella penombra di una vecchia roulotte, o seduto su una panchina fuori dalla biblioteca di St. Andrews.
La prima notte qui è stata molto simile alle altre prime notti che ho avuto da quando mi sono spostato dal luogo in cui sono cresciuto: disturbate, ansiogene, stretti momenti di personali domande, e dubbi, sull’andar via o meno.
Durante la prima notte nel bungalow/magazzino di Christine, nella campagna scozzese a sud-ovest di St. Andrews, un sincero timore mi scuoteva (allontanando, quantomeno, il pensiero dal freddo notturno e dalla scarsa pulizia); vibravo d’incertezza verso le successive settimane senza acqua corrente, senza doccia, con un wc esterno malfunzionante, in una “camera” senza alcuna privacy né la presenza del minimo cassetto od armadio. Semplicemente sono rimasto. Svegliato diverse volte da animali vari, credo perlopiù insetti (es. falene), preoccupato per la grande presenza di polvere e animali. Sono rimasto.
Che cosa avrei potuto sapere di nuovo su di me se me ne fossi andato? Non avevo intenzione di prendere la mia permanenza in quel luogo come una sfida, non appena fosse diventata insostenibile me ne sarei andato. Immaginavo di dover dare fondo a tutta la mia scorta di Protopic per non soffrire del sudore e della polvere sulle zone eczematiche durante i momenti di lavoro; dovevo trovare il modo di lavarmi spesso, soprattutto quando toccavo gli animali. Il courtyard pieno zeppo di rottami di auto parlava al mio inconscio. Decenni di abbandono e silenzio ne avevano preso il controllo. Ma avrei seguito la mia voce interiore in capo al mondo e quando mi ha sussurrato che non c’era bisogno di muoversi ancora, di rimanere lì per il tempo adeguato, non ho protestato. Si trattava di accettare una prospettiva di decrescita e credo sia stata la prima volta nella mia vita.
Così questa piccola stanza, in questa casa di culture miste, è un’altra scelta nella stessa prospettiva. Mi alzo ogni mattina alle 2:00 per iniziare a infornare decine di pani mezz’ora dopo, e così per le successive 7-8 ore. Tornato a casa parlo con Merry, o con Dori, scambio un saluto con Joseph, e la loro gentilezza sembra essere una componente così armoniosa e adatta a tutto questo che attraverso ogni fibra del mio corpo provo infinita gratitudine e sempre uno stupore senza fine.